
“Sono nato a Torino il 13 gennaio 1941 a mezzanotte davanti a un caminetto acceso e si suppone che abbia visto il fuoco”
-Fulvio Ventura
Fulvio Ventura nasce il 13 gennaio 1941 a Torino.
Fin dall’adolescenza è appassionato di musica jazz: durante gli anni del liceo classico, dove all’epoca l’insegnamento era dispensato solo al mattino, passa pomeriggi interi alla biblioteca dell’USIS (United States Information Service) dove, oltre a leggere la rivista americana Down Beat, consacrata al jazz e al blues, scopre il libro My Camera in Point Lobos di Edward Weston. E’ il suo primo incontro con la fotografia.
A Milano, durante gli anni dell’università, della Casa della Cultura e della contestazione, conosce Anna de Lorenzi, anche lei studentessa di Filosofia, e ne nasce un idillio. Anna sarà la compagna di Fulvio per tutta la vita, e anche la sua assistente nella maggior parte dei lavori fotografici.
Tra il ‘67 e il ‘68, pratica, brevemente, la fotografia di reportage. Quel tipo di fotografia però non lo soddisfa e lo abbandona presto a favore della fotografia di ricerca. Raccontando di quel periodo scrive: ‘‘Mi pareva di intravedere tutto un altro modo di far fotografie rispetto alla foto tradizionale o a quella più o meno impegnata del Sessantotto movimentista’’.
Nel 1972, in occasione di un viaggio in Spagna e in Marocco, abbraccia definitivamente la fotografia di ricerca: ‘’Volevo carpire alcuni segreti metafisici’’, scrive. ‘‘Fin da piccolo ho optato per l’atteggiamento nei confronti del mondo che lo vede in quanto cosmos, cioè ‘bello’ come dice l’etimologia greca, come ‘cosa buona’, come è scritto nelle Genesi, e solo di questo posso parlare.’’ Il suo strumento è una Nikon (passerà poi alla Leica, con un affetto per la Mamiya 6×7 che userà agli anni 2000) e le immagini sono a colori.
Nel 1973 il fotografo e scrittore Franco Fontana gli presenta il fotografo Luigi Ghirri: ne nasce una corrispondenza di spiriti che non può essere riassunta in una biografia e sarà all’origine di molte collaborazioni. La lista delle pubblicazioni e mostre alle quali entrambi hanno partecipato è il risultato della loro collaborazione d’artisti.
Nel 1979 espone presso i Rencontres di Arles e sempre nello stesso anno anche alla Galleria della Bibliothèque Nationale di Parigi, dove restano conservate molte stampe.
Negli anni ‘80 inizia a fotografare i giardini, che per lui sono il simbolo di una condizione altra, primitiva, espressione dell’Anima Mundi in cui ritrova una natura, appunto, animata, popolata da presenze misteriose. Un mondo paradisiaco, così come suggerisce l’etimologia della parola (in greco, paradeisos indica un giardino recintato). Chiarisce Ventura: “C’è un’anima nelle cose. Un’anima mundi – e anche i fotografi hanno un’anima e quando questa e quelle si incontrano, ecco le meraviglie”. Alcune di queste immagini verranno inserite nel 1984 nella mostra alla Pinacoteca di Bari e nel libro Viaggio in Italia, (la serie porta il titolo Genius Loci) segnando la storia della fotografia italiana – e in parte, condizionando la fama dell’autore, che si sentirà talvolta ingiustamente costretto nel ruolo di fotografo di giardini.
Fulvio Ventura muore per un arresto cardiaco nella casa di Ghiffa, un mattino luminoso, con Anna accanto e circondato dai suoi gatti. Il 7 marzo 2020, in tempi difficili quando neppure i suoi amici hanno potuto salutarlo. Il musicista Giovanni De Zorzi lo ricorda cosi’: “Tra i suoi numerosi doni, Fulvio aveva quello per la musica : anche in questo campo era sensibile, ricettivo e aveva un gusto innato, coltivato in seguito con grande cura. Aveva raccolto un’immensità di registrazioni di paesi e generi musicali apparentemente lontani. Quando si passava da Fulvio ed Anna, a Ghiffa, amava far ascoltare cose rare, perchè amava condividere l’ascolto con gli ospiti : diceva che, ascoltando insieme, si scoprono delle cose che non si afferrano da soli.”
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