‘Ho cominciato a lavorare su questi ritratti quando mi sono accorta che una serie di tali simboli ed icone faceva parte già da tempo degli strumenti interiori della mia esperienza. Andrà Breton ha detto che un ritratto, oltre ad essere un’immagine che si ammira, è anche un oracolo che si interroga.’
Berty Skuber vede il suo lavoro come una sorta di enciclopedia fantastica personale, in cui fotografia, disegno e testo si intersecano. La parola è uno dei punti di partenza essenziali della sua opera, come si evince facilmente da questo libro d’artista, in cui i titoli e le didascalie dei ’16 ritratti’ guidano la visione e sono indispensabili alla comprensione del lavoro.
In ’16 portraits’, suo primo libro d’artista, Skuber compie il gesto, per lei magico, di tratteggiare ritratti, di persone famose o meno, in vita o meno, che ha conosciuto e non ha mai incontrato. Per farlo, come lei stessa dice ‘ identifica e individua gli aspetti particolari ed essenziali che più le interessano in una vita diversa dalla sua’. Questo è il punto di partenza, dopodiché è lei stessa a decidere come prenderne possesso, ri-immaginarli, modificarli e, forse, addirittura cancellarli.