La settimana prima di morire, Trula ha cominciato a spendere intere giornate sdraiata nel suo giardino. Il suo corpo era così immobile che ci avvicinavamo per essere sicuri che non ci avesse lasciato. Per tranquillizzarci bastava un leggero movimento della sua testa che inseguiva una rondine, o un dito che sfiorava un filo d’erba. Martedì sera entrò in cucina dopo dodici ore passate così in giardino, i capelli spettinati come un nido di uccelli. Ci disse: “per tutto questo tempo non ho mai visto i fiori crescere, ma ogni mattina sono più alti”.
La notte ha il potere di cambiare le cose. Il modo in cui ci sentiamo, l’intensità dei suoni, ciò che immaginiamo. L’oscurità è una forza che plasma, e anche i luoghi che conosciamo a memoria possono subire una metamorfosi quando avvolti dalle sue profondità.
Nella notte di At Night Gardens Grow, varie realtà alternative sembrano coesistere: i paesaggi che conosciamo nel mondo vigile del giorno e quelli che abbiamo solamente immaginato convergono tra queste pagine. Paul Guilmoth esplora i luoghi che abbiamo chiamato casa e come questi ci perseguitano. Esistono geografie che sono piegate nella nostra identità, le loro coordinate iscritte nei nostri mondi interiori. Il paesaggio di At Night Gardens Grow è inequivocabilmente inciso nella memoria dell’artista, e con esso le persone che lo abitano, che si muovono e respirano con esso.
La presenza di Trula, nonostante di lei non ci venga detto nulla al di là di una breve dedica in apertura al libro, infesta le pagine. At Night Gardens Grown è una sorta di rappresentazione della sua ultima notte sulla terra: una prolungata, spettrale, definitiva, immersione di Trula nel paesaggio.
