In questa serie oscura e leggermente inquietante, Kristine Potter riflette sugli aspetti gotici e oscuri del paesaggio del Sud degli Stati Uniti, evocato nell’immaginario dalle murder ballad del XIX e XX secolo. Le immagini in bianco e nero, suggestive e ricche di dettagli, riprendono l’ambientazione e i personaggi di queste canzoni popolari, fotografando paesaggi dall’aria fosca e ritraendo giovani donne che impersonano le vittime delle storie.
Nelle murder ballad americane, viscerali e tetramente affascinanti, divenute fenomeno di culto, i corsi d’acqua sono spesso il teatro dei crimini descritti nei testi: luoghi come “Murder Creek”, “Bloody Fork” e “Deadman’s Pond” sono infestati tanto dalla figura della vittima quanto da quella del carnefice.
Potter riflette sulla glorificazione leggera e popolare della violenza contro le donne, tutt’ora molto presente nel panorama culturale; come osserva l’autrice: “Vedo un atteggiamento di violenza esibizionista che parte dalle prime ballate sugli omicidi, passa per gli spettacoli a tema Selvaggio West e arriva fino al panorama contemporaneo del cinema e della televisione. Sembra quasi che ne abbiamo bisogno a livello culturale”.
Dark Waters evoca, e al contempo esorcizza, il senso di minaccia e di strisciante presentimento che spesso attanaglia le donne quando si muovono da sole nel mondo, grazie anche al testo di Rebecca Bengal, che contribuisce alla sequenza con un racconto morbosamente avvincente.