La pandemia da coronavirus sebbene sia arrivata in silenzio, in punta di piedi, totalmente inaspettata, inattesa, ha scombussolato le vite di ognuno di noi costringendoci a riconfigurare la nostra quotidianità e la nostra percezione del futuro, futuro che è stato ridimensionato e che è diventato non più esteso di una settimana. Di settimana in settimana, le regolamentazioni legate al contenimento della pandemia mutavano, venivano rettificate, gettandoci in un clima di incertezza a dir poco insostenibile. Il perimetro del nostro spazio di azione è stato ridisegnato, ridotto, coincidendo con gli ambienti delle nostre abitazioni divenute teatro di qualsivoglia emozione provata durante il lockdown, che sembrava quasi non avere più una fine.
La prima foto scattata è datata 2015, 6 anni prima che il mondo facesse i conti con una nuova devastante pandemia. “Dream Moons” nasce dal desiderio dell’autore catalano di origini olandesi Yurian Quintanas Nobel di indagare i confini della propria dimora e di riflesso anche gli oggetti e le persone che la abitano. Aveva stabilito una sola regola ben precisa: tutte le fotografie dovevano essere scattate all’interno del perimetro della sua casa. Un triste presagio, insomma. “Dream Moons” parla dell’oscurità del sé, dei rifugi della nostra mente dai quali a volte non riusciamo più ad uscire; i ricordi che ci tormentano; i sogni che diventano l’ennesima trappola per i nostri pensieri all’interno dei quali entriamo ma non sappiamo più uscire. L’abitazione funge da metafora del nostro inconscio, una scenografia onirica su cui Nobel proietta le fantasie partorite dalla sua mente.