Freedom of Death si apre con una serie di negativi, ai quali non si capisce immediatamente cosa sia successo: sono stati scattati con tecniche particolari? Sono bruciati? Sono stati manipolati durante lo sviluppo?
Il libro si compone di tre sezioni, ognuna con un intervento diverso del fotogiornalista sulle immagini originali scattate in Sudafrica durante il periodo dell’apartheid.
Secondo la definizione comune, il fotogiornalista è colui che racconta notizie attraverso immagini, attenendosi il più possibile alla realtà oggettiva dei fatti che descrive. Gideon Mendel ha, in Freedom of Death, il coraggio di discostarsi da questa descrizione, concedendo alle sue immagini di avere uno scarto contenutistico.
Gli interventi manuali del fotografo, con questo lavoro diventato un autore, fanno sì che eventi accaduti quasi quarant’anni fa, radicandosi nella contemporaneità, riescano ancora a parlarci. La rielaborazione di queste immagini del passato, dimenticate per anni in un cassetto ad ammuffire, permette loro di essere guardate da nuovi posizionamento. L’operazione che Mendel fa in questo libro, con la sua sensibilità nel rimaneggiare il materiale d’archivio, offre la possibilità di nuove prospettive ed interpretazione, non solo sul passato, ma soprattutto sul nostro presente.
