If lonely, lonely arms Must reach out Let my arms reach out And bent
(da I can’t stand to see you cry dei Whatnauts, brano a cui è ispirato il titolo del libro)
Cosa si prova ad assistere una persona cara che si spegne lentamente, il corpo inesorabilmente corrotto da una malattia contro la quale cure e preghiere non possono nulla?
Nel marzo del 2020, il fotografo Rahim Fortune si reca ad Austin, Texas sua città natale, per celebrare il compleanno in presenza della famiglia e degli amici più stretti. L’entusiasmo inebriante dei festeggiamenti si scontra con lo scoppio della pandemia, che impone anche lì il confinamento forzato che tutti abbiamo imparato a conoscere. Pochi giorni si trasformano in lunghi mesi: peggiora lo stato di salute del Paese e peggiora la salute del padre di Rahim, affetto da SLA.
Nel mese di maggio la comunità afro-americana venne scossa dall’omicidio di George Floyd per mano dell’agente di polizia Derek Michael Chauvin, evento drammatico che pone l’attenzione sulla radicata discriminazione della popolazione afrodiscendente negli Stati Uniti. In questo scenario dove tutto pare sgretolarsi, la carriera di Fortune comincia a decollare: arrivano committenze da giornali come The New York Times e Rolling Stones.
“I can’t stand to see you cry” è una fitta narrazione che intreccia livelli diversi: la perdita di una persona cara, il susseguirsi dei disordini per la rivendicazione dei diritti degli afroamericani, l’entusiasmo di una carriera che decolla, l’orrore di una pandemia mondiale, le quotidiane difficoltà incontrate da familiari e amici. A fare da sfondo (o da protagonista ?) è il Texas, nel profondo sud americano. L’artista, in definitiva, utilizza le proprie esperienze personali per esplorare l’attrito tra vita pubblica e privata e le tensioni inespresse nella vita quotidiana, attraverso un approccio radicato nel paesaggio.