Roma, i suoi tempi, le fotografie che s’incarica d’interpretarli. Un tema non ovvio perché a Roma “tempo” vuol dire molte cose. C’è un singolare destino nei rapporti tra fotografia e Città Eterna: nell’Ottocento, all’epoca dei Parker e degli Alinari, a Roma fu scritta una grande pagina: una tecnica ancora pre-istantanea incontrava una città ancora pre-moderna e quasi atemporale. Poi, per oltre un secolo, l’eclissi del reportage di indagine forte e unitaria, paragonabile alla Parigi di Cartier-Bresson. Al suo posto, le cartoline delle “vacanze romane” e gli scatti dei paparazzi. Roma, sembrano dire queste foto, ha bisogno di un lavoro corale. Specialmente se si ha l’ambizioso intento di raccontare i suoi “tempi”. Solo così, grazie al concorso di più visioni riunite in un prodotto collettivo, quell’inafferrabilità si scioglie. I fotografi chiamati alle armi sono molti, fra i quali ricordiamo: Basilico, Koudelka, Scianna e Gruyaert.