I walk toward the sun which is always going down – Alan Huck
MACK, 2019
Brossura, rilegatura ‘otabind’ a dorso libero, copertina con alette
144 pagine, testo e fotografie colori e b/n
Lingua inglese
“Sto camminando anche io – fuori dalla libreria alla fine di una giornata di lavoro, mentre sento Flavio indicare a Sofia un libro, classificandolo come il più interessante del momento, appena arrivato.
Mi fermo, faccio un passo indietro senza richiudere la porta. Io ho sempre fretta. Il libro in questione non risalta particolarmente, ma ne prendo una copia e lo metto in borsa, sono curiosa.
Avvicinamento all’oggetto: molto semplice. Copertina in brossura, azzurrina, l’aspetto è più quello di un romanzo che non di un libro di fotografia. Grafica essenziale, cageana. L’editore è MACK – in genere questa è una buona cosa. L’autore mi è sconosciuto ma prima di googlarlo vado dritta ai ringraziamenti, che lo collocano nell’area culturale americana.
Il libro è composto da testo e immagini, il riferimento dichiarato è W.G. Sebald.
Mi inoltro. Ovvero, lo leggo (non ho detto ‘mi inoltro’ a caso. Questo libro è un cammino, approccio molto diffuso, così tanto da avere una sezione dedicata nella mia testa). Il libro inizia così: citazione-citazione-foto-foto-citazione-foto-foto-citazione-foto e poi l’autore scrive finalmente qualcosa di suo.
Intendiamoci: le foto sono molto belle ma le citazioni sono per me come aste da superare in una corsa a ostacoli. Anche se qui passeggio e non corro.
In ogni caso sono ottime citazioni e poi Alan Huck lo dice chiaramente: non sa da dove iniziare. E’ Cage a rispondergli: ‘Begin anywhere’. Bella spinta.
Quindi parte, con le scarpe rotte (nelle parole) e dalla periferia (nelle immagini), e appena partito lo seguo volentieri. Ma il suo (e mio) problema diventa subito un altro: dove vado? Non importa, intanto andiamo: le immagini continuano a cercare, sono strade e alberi che non sembrano condurre ad alcuna certezza ma il procedere è interessante.
Mi fermo a rileggere una pagina che mi piace e ve la traduco molto liberamente.
(inizio pagina)
‘Dove sarei mai stato un cittadino?’ – si chiede Gilbert (il poeta Jack Gilbert, ndr)
La questione del dove è un problema ricorrente nella mia vita, visto che la mia soddisfazione è quasi sempre stata altrove, e non ho mai saputo dove. Come è accaduto a Lawrence e altri, la mia ambivalenza rispetto ai luoghi mi ha condotto al deserto, con l’unico obiettivo di esplorare il vicinato e osservare il paesaggio, come implora Annie Dillard: se non possiamo sapere perché siamo qui, cerchiamo almeno di capire dove siamo.
(fine pagina)
Non segue nessuna fotografa del deserto ma le immagini sono molto evocative, sospese nella ricerca di qualcosa a cui il giovane autore non osa mai avvicinarsi. Resta decisamente in periferia, guarda dietro staccionate e alberi, sembra nascondersi. In fondo non ha ancora 30 anni e mi chiedo se questo andare costantemente verso ovest che dichiara nel titolo sia per l’idea americana di conquista o sia più legato allo smarrimento dell’espressione ‘my head’s gone west’.
In ogni caso, se guardi sempre verso il sole che tramonta la tua ombra si allunga ma non dovresti vederla mai. E invece nelle fotografie le ombre sono molto presenti, per fortuna. E’ il suo bello, perché non si arrende e crea passerelle verso mondi nuovi con quello che trova, quello che c’è. Fosse anche una porta tutta scassata buttata a terra.”
-Giulia Zorzi
Informazioni aggiuntive
Peso | 1 kg |
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Category: Contemporanei
Tag: American Landscape, USA