Le fotografie sono state scattate su entrambe le sponde dell’Atlantico in luoghi in cui Internet è concentrato. Dove le fibre si uniscono e quasi tutto ciò che facciamo online passa lungo alcuni tubi incredibilmente stretti, che si estendono lungo il fondo del mare, collegando un continente all’altro.
Guardando queste enormi entità inconoscibili – l’oceano e Internet – percepiamo la loro stranezza. Possiamo comprenderli concettualmente, ma possiamo solo vederli o imbatterci in piccole parti di essi. Sfidano i nostri presupposti quotidiani e ci mostrano che i confini che mettiamo tra le cose sono più permeabili di quanto ci piacerebbe pensare. Che gli oggetti che ci circondano quotidianamente, apparendo così affidabili e banali, sono in realtà parti di corpi molto più grandi e complessi che si estendono attraverso lo spazio e il tempo.
Il lavoro è strutturato attraverso il push and pull di sequenze intrecciate. Le cose, in diverse fasi spaziali e temporali, si intrecciano e convivono. Mentre guardiamo più da vicino, i mondi che pensiamo come separati sanguinano l’uno nell’altro: il vicino e il lontano, l’oceano e Internet, il fisico e il virtuale, ciò che riteniamo naturale con il culturale e il tecnologico.