“ […] David, attraverso la fotografia, mette in discussione il paradigma della periferia come non luogo metropolitano. Egli volutamente si sofferma sulle pieghe del bordo orientale di Londra, e nel porsi al margine cerca di declinarne il significato, ma non viziato da un’attenzione vernacolare o da facili conclusioni, bensì trascinato dalla curiosità verso ciò che è umano. Le persone catturate nello loro imprevedibili e semplici distrazioni, restituiscono vita e graziosità a quelle scenografie urbane spesso giudicate grigie e meno importanti. Il suo porsi al margine infatti lo è anche rispetto ai luoghi comuni di osservazione. Non a caso il libro si apre con una immagine, scattata da distante e da dietro un recinto, dell’area di Canary Wharf eretta a simbolo di una certa utopia speculativa, anche di pensiero. La sua piuttosto è una visione accidentale, libera da pregiudizi, e trae forza dalle collisioni minori, dagli istanti non pianificati. La tensione che si libera dal rapporto non precostituito tra lo spazio e il suo abitante è il carburante che spinge avanti la narrazione. Ed è la stessa tensione che ha alimentato – come ci ricorda Paul Newland nella conversazione inclusa nel libro – diverse produzioni di cinema britannico che in queste zone hanno trovato terreno fertile per le loro storie. Il libro si chiude con l’immagine di una stella cadente. Forse è quella poesia che l’autore ci invita a a raccogliere in ciascun luogo che abitiamo per non perderne la memoria.” (Steve Bisson)