“Il 20 marzo l’Argentina è entrata in una situazione di blocco totale che tutti si aspettavano finisse in fretta e che invece è durata diversi mesi, molto più a lungo di quanto pensassimo.
… Ho dovuto spiegare a mia figlia di due anni e mezzo che non poteva più giocare all’aperto, che l’asilo era chiuso e che non potevamo andare a trovare altre persone.
Mi sembrava di annegare nel caos: la nostra routine, la nostra casa, tutto era in disordine.
Stavamo lottando con la nostra vita quotidiana. Mi sentivo in trappola, come un animale in gabbia in una megalopoli. Dalla terrazza guardavo le cime degli alberi di fronte al nostro edificio e sentivo il disperato bisogno di connettermi con la natura.
Dopo un mese ho scoperto di essere incinta. Una quiete improvvisa ha preso il posto del caos. Era come se, dopo aver girato ad alta velocità, il mondo fosse stato messo in pausa. In piena quarantena, dopo diversi giorni di emozioni pesanti, il mio corpo ha deciso di interrompere la gravidanza prima ancora che fosse realmente iniziata. Ne seguì una profonda tristezza e un senso di colpa: mi sono sentita tradita dal mio stesso corpo.
Per combattere un’opprimente sensazione di immobilità, ho preso la macchina fotografica e ho iniziato a documentare la vita che mi circondava: mia figlia, il mio compagno, me stessa e ciò che mi mancava tanto: la natura, i piccoli momenti all’aperto, le passeggiate proibite in una laguna vicina dove ho incontrato un mondo magico. La natura aveva riconquistato spazio, il lago era cristallino nel bel mezzo di Buenos Aires, brulicante di uccelli e pesci. Ho iniziato a sentire la mia parte in un ecosistema più grande, come madre e come donna.” — Sarah Pabst
Clicca qui per “sfogliare” il libro