Secondo la visione tecnocratica, le opere d’arte sono mezzi di comunicazione e strumenti atti a determinate mansioni, e il loro valore è da attribuire in proporzione al potenziale di assolvere a tali funzioni: la vita si tramuta in un progetto da portare a termine, le persone diventano un brand in competizione con gli altri e la natura che ci circonda è percepita come un fenomeno da prevedere, controllare e dominare.
All’interno del volume, avente a che fare con argomenti quali crescita e degrado, ricordi e tentativi di dimenticare, intransitorietà e cambiamento, gli autori riflettono sul ruolo delle tecnologie per l’apprendimento, quali fotografia e scrittura, all’interno della nostra società: strumenti che loro stessi adoperano, mezzi potenti sviluppati per rendere visibile, documentare, organizzare e conservare, e di conseguenza controllare. Vengono esplorate le modalità in cui questi strumenti possano essere utilizzati in maniera opposta a quella per la quale erano stati intesi, incoraggiandoci a diventare parte integrante dei processi artistici e naturali piuttosto che tentare di dominarli.
Il progetto, a partire dal titolo, è un composto di processi a vario livello di completezza, privo di alcun tentativo particolare di salvare dall’oblio i singoli elementi che lo compongono: dimenticare ha la stessa importanza di ricordare, l’ambivalenza e il dubbio sono essenziali quanto la conoscenza e la certezza.