La scarsa presenza umana è la prima cosa che ci colpisce nelle fotografie di Richard Misrach, nonostante le infinite spiagge di arena bianca e i mari da sogno occupino la maggior parte delle inquadrature.
Sembra che l’autore, nel l’azzurro cristallino, sia ancora alla ricerca delle sconfinate vedute desertiche dei Cantos. Di nuovo, in questa monografia dal formato eccezionalmente grande, la scarsità della presenza umana è un chiaro richiamo alla fragilità della nostra esistenza.
Le figure sono rilassate o svuotate di vita? Si lasciano trasportare giocando con la risacca o sono prese dal panico nella marea nera? Esiste un confine invisibile e labile tra il controllo e la resa agli elementi naturali, e non sempre siamo noi esseri umani a stabilirlo.
Le persone ritratte sembra stiano guardando loro stesse da una veduta aerea. Osservano immobili e impotenti il loro arrendersi alla corrente, il loro lento andare alla deriva. E’ proprio in questa immensa solitudine che Misrach, inaspettatamente, riesce a restituirci la sensazione di essere ancora vivi.
La bellezza cristallina delle fotografie dell’autore è un’asserzione di vita e, al tempo stesso, ci costringe, di riflesso, a scontrarci con la brutalità di un mondo assediato che fallisce però nel renderci meno soli.