Nella sua monografia d’esordio, Emiliano Zúñiga Hernández descrive la sua vita domestica e l’ambiente circostante nelle montagne del Costa Rica.
“Gestivamo un centro di guarigione, un giardino dove le persone potevano venire a riposare dalle loro lotte. Quando alla fine si è dissolto, sono rimasto ferito. Essendo stata una volta la guaritrice, avevo troppa paura per chiedere aiuto. Dove vivevamo in montagna, la gente spesso esclamava quanto fossi fortunato a vivere in un tale paradiso, che, per me, portava il fantasma di un ideale spezzato. Divenne una caverna di colpa e vergogna. Natsuko e gli animali, il piccolo raggio di luce che brillava attraverso le fessure della mia depressione, erano l’emblema della libertà che desideravo. Attraverso di loro ho potuto scavare la mia via d’uscita e incontrare nuovamente la bellezza di ciò che siamo veramente in questo mondo. Potrei ritrovare il mio ruolo”.
