Il fotografo americano Paul McDonough, dopo aver lasciato Portsmouth, luogo che gli diede i natali e dove egli crebbe, si spostò a Cambridge per poi recarsi nella città-paradiso/purgatorio di scrittori, intellettuali e artisti: New York, dove fu in grado di cominciare seriamente la sua vita da fotografo.
Seppur non si stancava mai della scena eclettica, caleidoscopica, galvanizzante che New York gli offriva, sentiva il forte richiamo del West americano tanto idealizzato e sognato da generazioni e generazioni di americani.
Dagli anni ’60 agli anni ’90, McDonough fece numerosi escursioni fotografiche cercando di raccogliere più materiale possibile: persone, animali, architetture, paesaggi urbani e naturali – in breve, la vita americana che ferocemente pulsava intorno a lui, in un’epoca all’oscuro dell’imminente era dominata dall’Internet e dalle numerosi tecnologie che avrebbero poi caratterizzato i decenni successivi.
Riprendendo le parole dello scrittore Hilton Als, pronunciate al New Yorker, siamo in grado di comprendere maggiormente il lavoro del fotografo che si configura come “[…] una specie di registrazione della sua vita di viandante […]”, “[…] le sue immagini sono una mappa dell’esperienza, della sua coscienza […]”. Si tratta in definitiva di “[…] un pensatore che guarda attraverso l’occhio della sua macchina fotografica per distinguere la verità dalla realtà”.