Rex è il libro di Zackary Canepari che racconta con testi e immagini la storia di due sorelle (Claressa e Briana) che vivono a Flint, nel Michigan, che il fotografo americano ha seguito per cinque anni realizzando anche il film T-Rex e la web serie interattiva Flint is a place. La vera protagonista del libro è Flint, cittadina tristemente famosa per l’alto tasso di povertà, per il disagio sociale e per la criminalità diffusa.
Pagina dopo pagina, con Rex scopriamo la vita di Claressa: ha solo ventuno anni ed è più grande di Briana di appena diciotto mesi, ma la loro esistenza è stata dura fin dall’infanzia. Il padre in prigione per gran parte della loro vita, la madre tossicodipendente. La loro storia non è molto diversa da quella della maggior parte degli abitanti di Flint. Con una sola, significativa differenza: all’età di undici anni Claressa si è iscritta a una palestra del posto e ha cominciato ad allenarsi sul ring. Nel 2012, è stata la prima donna che si è aggiudicata la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra nell’anno del debutto del pugilato femminile tra le discipline olimpiche. Claressa, il cui nome sul ring è “T-Rex”, ha confermato il proprio primato alle Olimpiadi di Rio del 2016 aggiudicandosi la seconda medaglia d’oro consecutiva. La storia di una ragazza che è riuscita a evadere da Flint per concentrarsi sulla propria carriera, e che attraverso la boxe ha trovato una via di fuga dalla tragica realtà della cittadina di origine.
Parallelamente, le fotografie di Rex mostrano anche la vita di Briana, intrappolata nelle sabbie mobili di Flint, un luogo senza lavoro e senza risorse. Risse. Droga. Briana non finisce gli studi e si ritrova a crescere da sola un figlio di due anni mentre l’uomo con cui lo ha concepito è in prigione. Se Claressa è l’eccezione, Briana è la regola. Ma non è una martire. È forte, carismatica, ha carattere.
Questo libro racconta in parallelo la vita delle due sorelle Claressa, “la bambina
prodigio” e Briana la “bambina difficile”. Ma non è tutto così semplice, e la distinzione tra la “metà buona” e la “metà cattiva” non è sempre così netta.