Il libro Self-Portraits: 1987-2017 di Antoine d’Agata svela un viaggio dell’uomo/fotografo dalle origini della sua pratica ai giorni nostri, e ci presenta l’iconografia monumentale di un’opera che si è andata lentamente sviluppando da un diario visivo iniziato in Messico negli anni ’80 all’immagine in movimento e agli scritti di alcuni copioni di vita premeditati.
In che modo è possibile comprendere questo archivio vivente, questo gesto artistico, umano e politico, questa presunta, coscienza e deliberata deviazione, ultimo dispositivo di resistenza in un mondo vissuto con rabbia e dolore?
In che modo il corpo, il legame, l’atto fisico e umano dell’artista e l’invito al sacrificio si manifestano da oltre 25 anni nello sviluppo di questo corpus di opere, che ci parla dell’esperienza di una realtà che è assorbito ogni volta più intensamente e nello stesso tempo più marginale?
Perché in questo processo vitale, in questa presenza nel mondo, Antoine d’Agata, accanto ai suoi soggetti, ha scelto di essere protagonista delle proprie immagini?
Il libro si propone di portare alla luce alcune verità — fragili — e di consegnare, senza delusioni, l’esperienza di una vita. L’accumulo di immagini, la ripetizione infinita, è alla base delle visioni di un uomo che dilata costantemente i limiti della propria esistenza e permette di cogliere i sentimenti, la necessità e l’urgenza di una ricerca imperativa, di cui quasi nessuna traccia, frammenti, piccoli pezzi tratti dalla realtà. Solo alcune “immagini sopravvissute”.