Il 23 Agosto 1939, la Germania nazista e l’Unione Sovietica stalinista firmarono un trattato di non aggressione, il patto Molotov-Ribbentrop, il quale ebbe un ruolo decisivo nel destino degli stati baltici. Il patto si componeva di alcune clausole deliberatamente taciute, attraverso le quali i due tiranni riuscirono a spartirsi l’Europa dell’est a loro piacimento. La Polonia venne divisa in due: una parte tedesca e una parte sovietica; la Lituania finì sotto il controllo della Germania; Lettonia, Estonia e Finlandia finirono invece sotto l’egemonia stalinista. Il 28 Settembre dello stesso anno il patto fu modificato e la Lituania si aggiunse alla lista delle nazioni controllate da Mosca.
Il 22 Giugno 1941, il patto fu violentemente rotto da Hitler nel momento in cui il Terzo Reich dichiarò guerra all’URSS, guerra che si concluse con l’annessione degli stati baltici alla Germania. Lo scenario cambiò nel 1944 quando Stalin riunì i territori sottratti sotto il proprio dominio. Il XX secolo fu per gli stati baltici un periodo di ripetute occupazioni. Per spezzare la resistenza contro l’occupazione, Stalin, fra il 1940 e il 1953, fece sì che 600,000 civili venissero deportati in Siberia. In Lituania 150,000 uomini furono arrestati e condotti nei cosiddetti gulag, campi di lavoro forzato. Inoltre durante due deportazioni di massa, un totale di 132,000 persone, vennero costrette ai lavori forzati. Il 70% era rappresentato da donne e bambini.