Siempre Que – Celine Croze

“Siempre que estemos vivos nos veremos”.
“Finché saremo vivi ci vedremo”.
Questa è stata l’ultima frase che Yair mi ha detto. Eravamo sul tetto dell’isolato 11, la nebbia avvolgeva Caracas, il folle vociare della città suonava come un canto funebre. Era come una pallottola nel cuore. C’è qualcosa di terribile e sublime nella consapevolezza della propria fine. L’urgenza della vita, il fascino della morte, il crollo del Paese.

L’estrema violenza e l’assurdità della situazione davano l’impressione che la vita fosse solo un gioco.
Mi sono ricordata della gallina (arena per i combattimenti di galli) di due giorni prima. L’odore del sangue misto a rum e sudore, le urla di rabbia, l’eccitazione degli spettatori. Una trance impalpabile intossicava l’arena. Come se fossimo tutti pazzi. Come se il sangue, la morte e il potere ci rendessero più vivi.
L’energia caotica della città riecheggiava in ogni combattimento come una danza che si scatena per poi fermarsi e piangere impotente.
Un mese dopo, Yair fu ucciso. Aveva 27 anni.

Il mio peregrinare in America Latina è stato attraversato da altri incontri emozionanti. Come quei galli da combattimento, ho visto esseri che danzavano nel disordine e vi si aggrappavano. Ogni volta ritrovavo la stessa sensualità insolente, una provocazione furiosa, come il grido di un adolescente divertito dal pericolo, condannato e allo stesso tempo libero.

– Celine Croze