Gli ‘Stable Vices’, i ‘vizi da stalla’, sono stereotipie comportamentali degli equini, specialmente cavalli: sono di solito abitudini indesiderate che spesso si sviluppano come risultato dell’essere confinati in una stalla con insufficiente esercizio, annoiati, affamati, con un eccesso di energia o in isolamento. Se non affrontati, portano a gravi conseguenze per la salute dell’animale.
Il volume di Joanna Piotrowska si apre con una sequenza di tre delicatissimi gesti, un dito che punta a tre parti del corpo: un occhio chiuso, una clavicola e l’incavo del gomito. Dopodiché, la narrazione si dispiega sulle tre serie fotografiche presentate nel libro, attraverso le quali l’autrice si concentra sulle nozioni di oppressione, protezione e salvaguardia della libertà, cristallizzando lo spettro di temi che guidano interamente la sua produzione.
La prima serie si ispira a manuali illustrati di autodifesa e al saggio ‘Psicologia e resistenza’ della psicologa femminista carol Gilligan. Nelle immagini di Piotrowska l’aggressore scompare, e i corpi femminili impegnati a difendersi contro l’avversario invisibile rivelano l’insormontabile carico che quotidianamente sono costretti ad affrontare.
La seconda sequenza ci mostra interni domestici affollati di rifugi precari fatti di mobili e coperte. Gli adulti nascosti al loro interno ritornano bambini, in un nascondino che ha perso la dimensione del gioco e ha acquistato quella dell’ostilità e della precarietà.
Le ultime pagine del libro svelano il significato del titolo scelto dall’artista: le gabbie si svuotano degli animali, accogliendo al loro interno gli esseri umani. Piotrowska ne studia la gestualità e il movimento ‘in cattività’, rintracciando gestaltianamente le basi del comportamento nel modo in cui la realtà è percepita, e non come essa è realmente.
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