Subida al Cielo – Lua Ribeira

Ribeira affronta temi che hanno una relazione storica con la fotografia documentaria e la rappresentazione, spesso nel contesto di gruppi istituzionalmente costruiti o mantenuti, o di antistrutture spontanee che emergono ai margini della società.

“Subida al Cielo” racchiude al suo interno varie storie: Los afortunados si svolge a Melilla e accompagna un gruppo di giovani in viaggio per raggiungere l’Europa dal Marocco; Aristócratas è realizzato in Galizia, terra d’origine di Ribeira, in collaborazione con un’istituzione religiosa che si occupa di una comunità di donne con disabilità cognitive; Las visiones, realizzato durante una celebrazione della Semana Santa, ha a che fare direttamente con la religiosità ancestrale e culturale della Spagna.

Tutte le serie sono raggruppate e presentate insieme, senza separazioni in capitoli: sono tutti accomunati dal tentativo di Ribeira di mettere da parte le costruzioni apprese e di usare la fotografia per creare spazi di incontro che possano trascendere le separazioni geografiche e temporali.

I progetti sono legati anche dall’approccio formale. In modo estremamente consapevole, all’interno della sua produzione di immagini, Ribeira utilizza la teatralizzazione come strategia per trasgredire le dimensioni politiche prevalenti, lasciando che i gesti e la figura umana siano al centro della scena. Questo intento si traduce in immagini che oltrepassano il puro approccio documentaristico ed entrano in uno spazio in cui rieccheggia l’influenza dell’immaginario mitologico, archetipico e religioso, soprattutto nella rappresentazione della lotta umana.

Nel corso del libro, i cambiamenti nello spazio e nel tempo assumono tratti onirici; mentre la nostra percezione di un luogo si stabilizza, la narrazione scivola rapidamente in un nuovo capitolo, facendo emergere nuove dettagli. Subida al Cielo” significa “ascesa al cielo”, uno sforzo per recidere i nostri legami con la terra, per scrollarci di dosso il peso del nostro corpo e della sua gravità, per uscire da noi stessi e aprire la porta all’inevitabilità dell’inatteso.