Un dialogo padre-figlia, una conversazione profonda mai avvenuta nella vita reale che viene ora dispiegata nelle pagine del nuovo libro dell’artista statunitense Justine Kurland, famosa per la sua intensa ricerca sulle giovani adolescenti americane al confine Stati Uniti-Messico. La narrazione in “The Stick” – punteggiata dai versi della poetessa americana nonché ex compagna di Bruce Kurland, Lisa Jarnot – è organizzata come un denso scambio fra l’oramai defunto padre e sua figlia: da una parte le nature morte dell’uomo e dall’altra le immagini in bianco e nero della fotografa.
La carcassa abbandonata su una sedia in legno della pelle di un serpente risultante dalla muta, come segno del suo passaggio; finestre sbarrate; un gatto che sonnecchia placidamente e lo strap-on di un ex partner dialogano, in una sorta di bizzarro album di famiglia, con granchi dalle sembianze antropomorfe oppure con un melograno fiorito da una lattina di una bibita gasata.
Le surreali invenzioni compositive di Bruce e le quasi indecifrabili fotografie di Justine segnano un’intesa concettuale fra i due personaggi, intesa che si risolve in una stranezza onirica che attraversa tutto il libro e che urla la complessità del loro rapporto. In tal senso, la fotografa afferma quanto fosse invidiosa della sorella che catalizzava su se stessa tutta l’attenzione del padre “sottraendola” invece agli altri figli. In definitiva, il libro è mosso dal desiderio di intavolare una conversazione con l’uomo e con l’artista del quale rimane oramai solo il ricordo.